Il mese scorso mi sono dovuta fermare per due settimane. Milly (il nome che ho dato al mio Garmin) ha cominciato quasi subito a seminare il panico, come se non bastasse già il mio malumore. Nei primissimi giorni mi ha segnalato il Picco. Per chi non è avvezzə al Training Status del Garmin, è la migliore condizione possibile per affrontare una gara. Ha pensato che mi stessi riposando prima di una prova impegnativa. Appurato che invece no, visto che non registravo più attività, ha cominciato col terrore. Andrai in detraining, minacciava; ecco, sei in detraining, ha sentenziato alla fine della seconda settimana.
Malanova!
Che gli intoppi capitino è una verità introiettata da tempo e tuttavia quando capitano io tendo a immaginare che siano per sempre. Lo scrivevo proprio in quei giorni in un commento alla newsletter di
Quanta verità (ferma per pochi giorni e già mi figuro che non correrò mai più)
Ho ripreso a correre il 27 febbraio con una sessione brevissima, lentissima. Molti passi indietro rispetto a dove ero arrivata. Te lo dico: io sono lenta, se ti corressi davanti non mi vedresti sfocata, avresti pure il tempo di contarmi i capelli in testa. Di strada da fare ne ho tantissima, ma rifare un pezzetto a ritroso di quella già percorsa mi ha gettato nello sconforto. Dopo lo stop, per due settimane ho corso poco in termini di tempo e km. E ho corso piano. Più piano. No, ancora di più di quello che ti stai figurando.
So che è giusto così, che devo imparare a dosare e adattarmi alla giusta misura per il momento presente. Lo sa la parte del mio corpo che ha avuto bisogno di una pausa, me lo ha detto il mio proponitis che ha riadattato i miei allenamenti e ne è convinta la mia testa - anche se recalcitra un po’. Ma le gambe no, loro non si rassegnano. Hanno acquisito memoria del movimento ripetuto, della fatica, dei km percorsi negli ultimi 9 mesi e non hanno processato subito l’informazione: ma perché vai così piano? Ce la fai, corri! Corri!
Durante le ultime corse brevi e lente mi sono accorta di quanto sia più faticoso costringersi a correre al di sotto delle proprie possibilità. Quelle che pensavo sarebbero state corse riposanti, per riabituare il corpo allo sforzo e accertarmi di non avere dolori, si sono rivelate faticosissime. Non solo mentalmente, perché fatico ad accettare il passo indietro nei progressi, ma proprio fisicamente. Avverto la frustrazione delle gambe che sanno di poter fare di più mentre le trattengo.
Oggi ho l’ultima sessione del programma di recupero, da martedì riparto con le ripetute e rientro via via nel range di km pre-pausa. E speriamo che all’aumentare dello sforzo non torni l’acciacco. Se non torna, mi sono promessa che la prossima settimana prenoto il volo per novembre.
Mi sento molto vicino a quello scrivi. Mi piace giocare a basket, tanto, tantissimo, tantissimissimo. Vado quasi ogni sera al campetto sotto casa dopo una giornata di lavoro e il rumore del pallone che entra nella retina ha per il mio animo miracolose proprietà taumaturgiche e lenitive. A dicembre però mi sono fatto male: menisco. Ti risparmio tutta la trafila che connette tra loro medici medicine farmacie e simili. Fatto sta che è da un po' che non riesco più a giocare (mettici anche che non sono mai stato un tipo abbastanza paziente) e la cosa mi frustra abbastanza. A volte la sera passo per il campo solo per calpestarlo con le suole delle scarpe e percepirlo in qualche modo nel corpo, ma non poter correre, fare quello che facevo prima è faticoso soprattutto a livello mentale, come dicevi tu.
Eppure credo che questo tempo non debba essere considerato tempo perso, anzi. C'è chi crede che durante gli infortuni il corpo continui comunque a lavorare, memorizzando muscolarmente quanto fatto precedentemente. E io voglio vederla così. Per questo voglio dirti in bocca al lupo. Vedrai che tornerai più forte di prima.
La prenotazione del volo per novembre sarà una grande gioia, e tu prenotalo comunque: quel biglietto sarà la nostra più grande motivazione ❤️