Ieri ho cominciato a leggere un libro che avevo in attesa da qualche tempo e si intitola La vita fuori di sé. Una filosofia dell’avventura. Lo ha scritto Pietro Del Soldà, che probabilmente conosci già per le sue trasmissioni su Radio 3. Parla di avventura, del coraggio di partire, del desiderio di altrove.
A pagina 46 compare Maratona. Non me l’aspettavo, non sapevo che ne avrebbe parlato, gli indici non li guardo mai in anticipo e spesso non leggo volutamente neanche la quarta di copertina. Di tutto quello che poteva esserci dentro, ci ho trovato proprio Maratona.
Si parla della battaglia di Maratona, del concetto di libertà ateniese e dell’esercito greco che scende in battaglia… correndo. Dromo e mania: corsa e follia, le due parole chiave. I persiani sono stupefatti, ma che fanno questi matti? Sono inferiori di numero e, anziché arroccarsi o ritirarsi, si scagliano correndo contro un esercito sterminato?
Contro ogni aspettativa però vincono e mandano Fidippide ad Atene, con l’armatura di bronzo ancora addosso, per dare la notizia. Lui ci va di corsa e così, secondo la leggenda, nasce LA maratona. Ma non è di questo che volevo parlarti, anche se c’entra lo stesso libro.
Poche pagine prima l’autore cita un titolo di Ian McEwan, Bambini nel tempo, e un episodio in particolare in cui il protagonista passa una giornata in spiaggia con la moglie e la figlia costruendo un castello di sabbia.
“Stephen pensò che se fosse riuscito a far tutto con l’intensità e l’abbandono con cui quella volta aveva aiutato Kate a costruire il castello, sarebbe stato felice e straordinariamente potente.”
Su quelle due parole, intensità e abbandono, si concentra anche Pietro Del Soldà per parlare di quel momento dell’avventura in cui tutto si allinea e quello che fai si sincronizza con quello che desideri fare. Ricorda un po’ lo stato di flow?
Sull’intensità scrive:
“la forza, la concentrazione, la connessione di tutte le parti che si verifica nel momento in cui ci immergiamo senza riserve in un’avventura è massima: il tempo cambia velocità e il suo scorrere si curva, si confà alle nostre esigenze.”
E sull’abbandono, poco più avanti:
“l’avventuroso gode… della corrispondenza sorprendente, musicale, tra quel che desidera fare e ciò che via via s’invera… Non domina le cose che lo circondano e ancora meno controlla quelle che verranno… Ad esse, al contrario, si abbandona andando loro incontro, attendendosi sorprese e imprevisti che - ecco l’enigma - risultano poi in stupefacente consonanza con i suoi desideri.”
Così vorrei immaginare la mia maratona, è proprio questo ciò che mi auguro di vivere. Intensità e abbandono. Non sono poi così distanti da due concetti chiave dell’ashtanga yoga di cui avevo parlato qui.
Se mi chiedessero come desidero la mia vita, userei proprio codesti aggettivi: "intensità" e "abbandono".
Bellissimo, grazie.