Tra le newsletter che seguo c’è quella di
che scrive di “routines, rituals, and wriggling through a creative life.” In un numero dello scorso novembre parlava della routine della poeta statunitense Sharon Olds, che conoscevo già per averla incontrata negli anni dell’università ma di cui non avevo mai scoperto l’idea della scrittura come una “disciplina fisica che sta a metà tra disegnare e danzare”.Appuntai quella frase sul telefono ma per sbaglio finì nella nota che uso per Kalò Dromo anziché in quella che contiene materiale intorno a scrittura e creatività. Mi ci sono imbattuta di nuovo due giorni fa e mi ha fatto pensare che anche la corsa si situa a metà tra due azioni diverse ma vicine: danzare e cadere.
È come una danza, benché meno creativa e più ripetitiva, perché è ritmata dal respiro e dal passo. Ma contiene in sé anche la caduta, sia come possibilità concreta - inciampi e finisci lunga sull’asfalto - che nella natura stessa del movimento.
Ti sporgi costantemente in avanti e ti affidi al movimento e al peso del corpo per protenderti verso il pezzo di suolo poco oltre. Puoi cadere oppure ripartire un momento prima. Appoggi l’altro piede e continui, continui, continui. Sempre sul punto di. Una danza di migliaia di possibili cadute scongiurate. E ogni tanto - può capitare - anche una caduta vera.
Che bella questa cosa raccontata da Mason Currey (trovo sempre molto affascinanti le sue puntate).
Nella corsa è un po' come se la caduta corresse sempre virtualmente con noi (io poi correndo sui sentieri, ogni tanto la trasformo in tangibile realtà sia in discesa sia in salita 😅).