
Questa settimana ho dovuto sottopormi a una procedura medica che ha richiesto anche una breve preparazione sul finire della precedente e tutto questo ha influito sulla mia corsa.
Ho accorciato l’ultimo allenamento previsto, domenica e lunedì ho saltato del tutto e infine mercoledì ho ricominciato, con molta calma e un po’ di fatica. Anziché fare le ripetute di metà settimana, ho optato per una corsetta corta in Z2. Ho comunque dovuto fermarmi a metà e ho concluso più per testardaggine che per capacità.
Scrivo questa mail di giovedì. Domani provo a correre un pochino di più. Oggi, mentre mi leggi, ho un medio variato. Non so prevedere come andrà e questo non sapere mi destabilizza. In genere ho una percezione abbastanza precisa del mio corpo e del mio stato che mi fa capire, salvo imprevisti, come posso rendere. In questo momento no.
Non ho idea di come il mio corpo reagirà nello stato attuale, con un vistoso calo di energie (anche mentali) ancora in corso. L’intervento medico ha riguardato l’intestino sicché la mia alimentazione ne ha risentito in maniera diretta. E, si sa, senza carburante non si cammina, figurarsi correre. Il serbatoio è vuoto.
Siccome io sono catastrofista, anziché pensare solo a come andrà domani, e che dopodomani andrà meglio, penso invece che non riuscirò mai a farla questa benedetta maratona. Come se dovessi correrla la prossima settimana, quando mancano ancora (solo!) 6 mesi meno un po’.
Il fatto è che c’è un grosso scarto tra quello che speravo di fare a questo punto della preparazione e quello che invece il corpo mi sta concedendo. Mi sono accorta che nei mesi scorsi solitamente lo scarto era l’opposto. Mi sentivo sempre indietro e invece poi capitava di riuscire a fare più di quanto mi pensavo capace. Mi manca un po’ la terra sotto i piedi: e se non recupero? E se questa condizione di debolezza si protrae? E se diventa permanente?
La settimana scorsa mi è capitato un calo di pressione repentino durante l’ultima corsa in programma. Ho dovuto fermarmi e sedermi. Questa settimana mi è successo di nuovo, ma stavolta ero a casa e non stavo neanche faticando, rifacevo semplicemente il letto.
Lo sconforto al momento domina il mio orizzonte. Il corpo si è inceppato e la mente lo ha seguito. Si fa largo la paura di non farcela, che è sempre acquattata lì in un angolo buio, non aspetta che un varco per infilarcisi. Provo a sbaragliarla mettendola a nudo. Scrivere della paura e darle un nome è un gesto attivo, un modo per non subirla passivamente. Riconosco questa fragilità e vado avanti.
Ci sono fasi positive e fasi negative: la testa fa la sua parte e appena può insinua il dubbio. La preparazione ce l'hai e qualche imprevisto è sempre dietro l'angolo, quello che faccio io è quello di rilassarmi, rilassare la testa, pensare a tutto il lavoro fatto, alla bellezza delle corse fatte e trasformare la negatività in positività, magari anche forzandomi a correre anche se non ne ho troppo voglia.
Tieni duro, sono sicura che questo periodo passerà!