
Qualche sera fa cianciavo di programmazione, km settimanali da aumentare, tipi di allenamento da distribuire nei vari giorni e crocifiggevo il mio interlocutore con i miei deliri da runner sprovveduta che cerca di dare una direzione alle corse che affastella da sei mesi.
Mi rendevo conto io stessa di essere affannata dal tentativo di incasellare il mio allenamento dei prossimi due mesi, confusa dalla difficoltà di capire fin dove spingermi, se davvero tutto questo progettare abbia un senso e se abbia senso che lo faccia da sola. Poi a un certo punto Nino (era lui l’interlocutore, è anche il mio compagno ed è runner) mi ha detto: ma perché non corri come un cane e ti godi la corsa e basta?
Correre come un cane. Libera, sciolta, senza meta, senza urgenza, con la lingua di fuori e le orecchie che volano. Che immagine selvatica e bellissima. Il giorno dopo ho capito interamente cosa voleva dire.
Nel mio programma (ancora lui) ho previsto qualche salita nella corsa del martedì, un fartlek non troppo impegnativo per vedere come va. La salita l’ha scelta Nino e io semplicemente l’ho seguito, senza piani, senza un percorso deciso in testa. Sono andata e basta.
Sudavo, eh? Ma con mia sorpresa non ansimavo. Non guardavo l’orologio, non guardavo il tempo, non guardavo la distanza. Guardavo solo davanti a me adattando il passo al terreno e il cuore al passo, senza stare a pensarci. Giunta in cima è iniziata la discesa e ho capito: è questo correre come un cane! Correre per correre, senza dover arrivare, aria sulla faccia, gambe che girano, gioia nel cuore.
Ed è una gioia incredibile correre così.